venerdì 29 giugno 2007

I bambini imparano quello che vivono

I bambini imparano quello che vivono

Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare
Se i bambini vivono con l’ostilità, imparano a combattere
Se i bambini vivono con la paura, imparano ad essere apprensivi
Se i bambini vivono con la pietà, imparano a commiserarsi
Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidi
Se i bambini vivono con la gelosia, imparano a provare invidia
Se i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli
Se i bambini vivono con l’incoraggiamento, imparano a essere sicuri di sé
Se i bambini vivono con la tolleranza, imparano a essere pazienti
Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare
Se i bambini vivono con l’accettazione, imparano ad amare
Se i bambini vivono con l’approvazione, imparano a piacersi
Se i bambini vivono con il riconoscimento, imparano che è bene avere un obiettivo
Se i bambini vivono con la condivisione, imparano a essere generosi
Se i bambini vivono con l’onestà, imparano cos’è la giustizia
Se i bambini vivono con la gentilezza e la considerazione, imparano il rispetto
Se i bambini vivono con la sicurezza, imparano ad avere fiducia in se stessi e nel prossimo
Se i bambini vivono con la benevolenza, imparano che il mondo è un bel posto in cui vivere

Dorothy Law Nolte


giovedì 21 giugno 2007

IL PIACERE E L'AMORE

Ieri sera ho avuto il piacere di vedere questo film. Di amore non ho visto molto. Ma mi è piaciuto molto. Il film in certi passaggi è molto lento. Tipo inquadratura primo piano con due minuti di silenzio, sguardo a destra e a manca, singhiozzo, pianto.
Originale, inaspettato e curioso per me, l'ambiente che dovrebbe essere Turchia, le inquadrature e le sfuocature.
Non lo consiglio a certi miei amici che amano i film d'azione.
Lo consiglio invece ai cultori di cinema d'Essay.
Ciao
Flavio MARABOTTO

lunedì 18 giugno 2007

I gemelli sul pullman


Discorso, in occasione del funerale, tra i gemelli, Anna e Carlo, (che qui accanto vedete in una vecchia foto scattata dopo la laurea di Anna) sul pullman che sta viaggiando da Fossano a Cussanio.
Anna: tu sai qualcosa del testamento?
Carlo: no. So che aveva uno scritto presso un geometra. Quello che seguiva un poco tutte le sue pratiche burocratiche. La vecchia casa in campagna e quegli appezzamenti di terreno in frazione S.Lucia.
Anna: si, i terreni e la vecchia casa è tutto alla luce del sole, ma io vorrei sapere cos’è stato stabilito in merito alla famosa cassetta di sicurezza che c’è in banca!
Carlo: ne ho sentito parlare. Anzi, sopra sono stati costruiti “castelli di fumo”. Io penso che su questa fantomatica cassetta non ci sia nulla di vero.
Anna: ma cosa dici! Guarda che una mia amica che lavora in banca me l’ha confermato. Mi raccomando che rimanga tra noi due. Ma la cassetta esiste, eccome! Ed ha anche un’assicurazione altissima rispetto a quelle che dichiarano la maggior parte dei possessori di gioielli e beni preziosi.
Carlo: ma cosa significa. Intanto lo sai, lo zio non era così astuto. Per quanto riguarda l’assicurazione si sarà fatto convincere dagli interessi di un qualsiasi assicuratore. Sai loro vogliono vendere. A mio avviso sono tutte voci di “popolo” che con gli anni sono diventate leggende metropolitane.
Anna: appunto, io ti dico che voglio vederci chiaro. E’ nostro zio e noi essendo gli unici nipoti eredi, abbiamo il diritto di sapere cosa c’è dentro.
Carlo: ma, guarda non farti illusioni. Che esista una cassetta sarà sicuramente vero, ma io non mi aspetterei nulla da quella stupida cassetta. Non illuderti sai. Potresti rimanerci male.
Anna: aah, ed invece no e poi no. Ti torno a ripetere che voglio una volta per tutte vederci chiaro. E se fosse pure vuota almeno si mettono fine a queste voci. Che poi, saranno anche voci ma, Bona di Savoia non era una leggenda. Era nata nel 1.450 ed era la quattordicesima dei diciotto figli di Lodovico di Savoia e di Anna Lusignano di Cipro. Mica una poveraccia qualunque! A diciotto anni aveva sposato Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano. Quindi, era una potente e ricca dama. Non una leggenda. Certo, sappiamo anche che Ludovico il Moro, non appena la Bona rimase vedova, per sete di potere le strappò la reggenza e la costrinse all'isolamento e all'esilio. Ma la duchessa visse a partire dal 1500 nel Castello di Fossano, assegnatole in rendita dal Duca Filiberto di Savoia, suo nipote. Certamente aveva con se molti tesori, sia di casa Savoia sia di casa Sforza. Morta il 17 novembre del 1503, in circostanze misteriose, non si sono trovati ufficialmente gioielli o tesori che sicuramente aveva. Allora poi si portavano tutto dietro. Mica depositavano in banca come si fa ora. Dalle cronache si legge che la salma, rimasta molti giorni insepolta, fu trasportata via dal Castello di notte, accompagnata da due soli nobili con i ceri accesi e tumulata forse nella chiesa di san Giovenale. Fin qui è tutta storia. Storia documentata. E poi si ci sono altre voci che parlano addirittura del suo fantasma, quello si è solo un invenzione. Ma sappiamo benissimo che i nostri avi allora nobili della città erano in stretto contatto con Bona di Savoia ed avevano in custodia molti degli oggetti del suo tesoro. Ora quei tesori avrebbero un valore inestimabile. Non solo perchè d’oro massiccio, ma per il suo valore storico.
Carlo: va bene Anna, adesso però non stiamo a discutere su questo. Lo zio avrà lasciato degli scritti e vedremo.
Anna: io non mi fido. Questa storia della cassetta da 500 anni che continua a rimanere un mistero. Io ti dico che voglio sapere la verità. Voglio vedere con i miei occhi cosa racchiude. Questo era già un desiderio di nostro nonno e nostro padre, e neppure loro hanno potuto sapere.
Carlo: non contarci troppo su questa cassetta. Non vorrei che tu rimanessi delusa. Magari contiene due gemelli da polso per camicie.
Anna: ti ripeto, non è per il suo valore. Anzi, se veramente fosse quel tesoro che raccontano, non avrà sicuramente un valore commerciale. Ma torno a ripeterti io voglio la verità.
Carlo: va bene, adesso pensiamo al funerale e poi vedremo.
Anna: ma non perdiamo troppo tempo. Ammesso che non sia già troppo tardi.
Carlo: tardi o presto potrai vedere la cassetta vuota.
Anna: è quello che temo!
Incidente del pullman, confusione generale, il pullman finisce nel fosso.

lunedì 11 giugno 2007

BALLA LINDA

Eccovi un link (si era nel 1968) con un live di Lucio e la famosa ormai BALLA LINDA
http://www.youtube.com/watch?v=48EztJiX9IU

IL BALLO. PRIMORDIALE MEZZO DI ESPRESSIONE NON VERBALE.

Era da 20 anni (o quasi) che non entravo in una discoteca.
Sabato notte (diciamo pure domenica mattina, 10 giugno2007) ci sono andato con un gruppo veramente speciale. Persone che dicevano di non aver mai ballato in vita loro. Persone che sembravano addormentarsi già prima di cena, poi a tavola. Persone che hanno dormito durante lo spettacolo teatrale (forse per questo erano pimpanti).
INCREDIBILE! Dico incredibile come la musica, nonostante il sovraffollamento il caldo e le luci strobo-ubriacanti, sia riuscita a ricaricarci, attivarci e farci tirare avanti fino alle 3 del mattino (e senza l'aiuto di cocaina).
Le musiche erano le stesse che sentivo vent'anni fa. Ho visto alcune persone che già allora vedevo (non nello stesso capannone ma al Magar). Il disc Jockey smanettava sul mitico vinile, inoltre alla console c'era un tipo che aveva circa la mia età ed era molto attento a fare i complienti alle donne, in particolare a fare gli auguri di compleanno senza dire la cifra. Intanto ancora tanti tantissimi auguri di buon compleanno a Margi (non so quanti anni tu abbia compiuto ma sicuramente ne dimostri molti ma molti di meno)!!!
Devo dire che però mi sono fatto un idea molto diversa delle discoteche. Allora mi sembravano un luogo infernale, dove non si poteva parlare con le ragazze e neppure invitarle a ballare.
PASSATI 20 ANNI forse non ci sono più chissà quali discorsi da fare. Forse ci siamo talmente abituati alle nostre solitudini che essere li tutta la sera a scatenarci, ridere e guardarci senza parlarci è diventato normale. Forse abbiamo acquisito una comunicazione non verbale (più animale e naturale). Bisognerebbe leggere qualche studio sociologioco in merito...
Ma io sono rimasto favorevolmente colpito dalla reazione che la danza ha fatto sul gruppo, me stesso compreso logicamente.
Direi che è sicuramente un buonissima terapia.
Mi ha colpito inoltre il fatto di vedere ancora delle copiette tipo il tempo delle mele ma con 40 anni in più, che si sbaciucchiavano sui divani abbracciati e seduti in braccio.
L'abbigliamento e la moda non è più quella di allora: tutti uguali a seguire un unica moda.
Ora si vedevano persone di ogni tipo e abbigliate in modo vario.
Dalla super vamp alta 1 metro e 30, 60 kg. (60, 120, 60) capelli lunghi biondo platino, pantaloni bianchi e mutande belle grosse.
Alla signorina sulla cinquantina mingherlina (faccia smorta figa forta) che ballava senza gonna sul cubo per far vedere bene le gambe, unica parte con un valore commerciale.
Dove eravamo?
AL BALLALINDA di FOSSANO (CN) ITALY!
Per ora è tutto dal corrispondente del CORTOCIRCUTO.
Flavio MARABOTTO

mercoledì 6 giugno 2007

BOLLE PER IL CORTO CIRCUITO

Eccovi alcuni appunti (dette bolle) da eventualmente utilizzare con altre idee.



SORELLA




























VECCHIA MADRE



















DON (ANTONIO detto) BOB






































Giovanni






















Autista del pullman Fausto

























Elvira


















Primissimo piano sulle scarpe indossate da Autista, Elvira, Giovanni, Don Bob, Sorella e Madre.
Dopo l’allargamento del campo si vede il gruppo in attesa e composto, davanti al santuario di Cussanio.




Altra scena: passa un carro funebre con bara. Alla guida un uomo grasso (con abito scuro e camicia bianca). Si ferma. Si avvicina una donna con vistosi stivali rossi.
La carica come passeggera. E' Irina (biondo platino e vistosamente truccata). Primo piano della copia in auto (vista davanti).





























Cambio scena. Davanti al santuario le persone commentano:
Elvira: (avvicinandosi a Giovanni) così all’improvviso chi se lo sarebbe aspettato.
Giovanni: ci spetta tutti la stessa fine.
Elvira: ma lei è un parente?
Giovanni: no un amico. Mi chiamo Giovanni.
Elvira: anch’io sono un amica. Piacere Elvira.
Altra scena, il carro funebre si ferma lungo la strada e l’autista parla al telefono.
Elvira: ti presento Fabio, che ho conosciuto ieri sera.
Cambio scena alla sera precedente ore 21.00 a bordo del pullman. (vedere come riciclare eventualmente parte dei dialoghi da riadattare al funerale anziché al matrimonio).
Elvira: era così giovane e così diversa da tutti. Ma quando si tratta di morire siamo tutti uguali.
Giovanni: si dopo morti si forse, ma prima no. Prima siamo tutti diversi.
La madre scoppia a piangere. La sorella la sostiene.
Elvira: ma tu dove l’avevi conosciuta Manuela.
Giovanni: in un momento molto difficile della mia vita...
Parte una scena che descrive il racconto.
Un auto rallenta e si ferma. Una prostituta alta e formosa sta passeggiando nei paraggi abbigliamento appariscente (è estate fa caldo) T-shirt rosa minigonna nera e sandali rossi.
Si gira e si avvicina. Si vede un rimarcato lineamento maschile nel grosso naso e il largo volto. Ciao io sono Manuela (con voce maschile e non mascherata).

Giovanni: ah ma allora sei un diverso!
Manuela: finalmente, una persona intelligente. Si sono diverso.
Giovanni: scusa, così all’improvviso, non me l’aspettavo e mi è scappato. Ma avrei dovuto dire che siamo tutti uguali.
Manuela: ma no! Lascia perdere i “diversi” come li intendi tu. Ma io volevo proprio dirti che dovremo partire dal presupposto di essere tutti diversi.
Giovanni: scusa ma, non capisco.
Manuela: scendi dai che te lo spiego.
Giovanni: non posso.
Manuela: vuoi fare la sauna li dentro?
Giovanni: ti dico che non posso. Non posso camminare.
Manuela: ti porto io, non ti preoccupare (apre la portiera)
Giovanni: ma cosa fai, sono pesante...dove mi porti? ( e con stupore di Giovanni, lo prende in braccio e lo porta fuori su di una sedia un poco più avanti dietro un cespuglio).
Manuela:nel mio salotto!
Giovanni: scusami ancora per prima.
Manuela: ti volevo appunto spiegare che per questa storia di essere tutti uguali io mi sono rovinato la vita. Per questo ci tengo a sottolineare che ognuno di noi è diverso.
Giovanni: si in effetti, anch’io in questa condizione mi sento molto diverso.
Manuela: e pensa che io per voler essere diverso a tutti i costi mi sono rovinato l’esistenza. A causa di tutte le persone che continuavano a dirmi che non ero diverso ma uguale. Ugualissimo a tutti gli altri uomini. Si perchè avevo il “pisello”. E così non potevo neppure sognare. Avessi potuto sognare, mi sarebbe bastato. Ma invece no. Tutti ad insistere che ero uguale a gli altri uomini. Mi hanno così tolto anche la possibilità di sognare. Almeno sognando avrei potuto essere veramente la bellissima Manuela. E senza sacrifici. Invece ho fatto la pazzia di farmi operare. E sono caduto dalla padella alla brace. Si, l’intervento costava una cifra. Così per risparmiare è stato un intervento mal riuscito. Ho perso il posto di lavoro e non trovavo più nulla. L’unica possibilità di lavorare e stata solo con questo mestiere. Ma questa non era certo la mia aspirazione. Anzi non ti puoi neppure immaginare che fatica doversi depilare, truccare e poi aver a che fare con certi tipi di persone che frequentano quest’ambiente. Un inferno!
Giovanni: ma almeno tu puoi camminare. Io no. Fossi morto sarei stato meglio.
Manuela: ma cosa t’è successo.
Giovanni: ero andato in discoteca, avevo bevuto un poco troppo e preso anche qualche pasticca. Sono partito in auto e non ricordo come sia andata la storia. Mi hanno raccontato che ho centrato in pieno un auto nell’altro senso di marcia sulla quale viaggiavano cinque ragazzi. Tutti morti. Questo è il peso più grande che dovrò portarmi dietro per tutta la vita. Questo mi pesa come un macigno.
Manuela: su dai non farti questi sensi di colpa adesso. Ma non hai possibilità di rimetterti in piedi?
Giovanni: secondo gli specialisti si. Si tratta di un blocco psicologico. Fisicamente tutto è apposto. Ma io non ce la faccio. Le mie gambe non mi reggeranno mai.
Manuela: ma se ragioni e pensi in questo modo, sei messo male. Devi sognare! Le cose sono possibili solo se noi le pensiamo possibili.
Cambio di scena la telecamera si allontana e lascia pensare che tra i due possa succedere qualcosa.
Altra scena in cui il carro funebre sta girando indietro in una strada in città
La scena si ripresenta davanti al santuario.
Giovanni: si prima di incontrare Manuela, quello era stato il periodo più brutto che io non abbia mai vissuto. Fu quella volta che per la prima volta dopo l’incidente ebbi un erezione. (la mamma singhiozza e la sorella si fa un veloce segno della croce guardando in alto) E da quella volta ho ricominciato a sognare. Ma sognare veramente. No non mi piacciono i travestiti. Ero li ad osservare quella donna e non avevo neppure pensato che potesse essere stata un uomo. La osservavo e mi immedesimavo in lei come parte di un mondo di esclusi. Un auto compatimento. Un auto commiserazione forse. Mi sentivo solo e disperato. Avevo un terribile bisogno di stare con le persone. Come stavo prima. Ma dall’incidente tutto è cambiato. Si molte persone mi dedicavano attenzioni ma spesso queste attenzioni a me davano fastidio. Mi sembravano inutili, e poi intanto io me ne stavo li sulla sedia a rotelle. E non mi bastava che tutti si spostassero per farmi passare se poi una volta passato rimanevo li solo.
Elvira: ma pensa, sai che Manuela non mi ha mai parlato di te.
Giovanni: non sapeva neppure il mio nome. Ogni tanto passavo li davanti. Dove batteva. Avrei voluto fermarmi. Anzi mi sarei sicuramente fermato. Aspettavo sempre di trovare il coraggio. Inoltre volevo stupirla alzandomi e camminando bene. Come per miracolo. Anche se questo non è un miracolo. È stato grazie alla sua apertura mentale. Alla fiducia che è riuscita a trasmettermi.
Cambio scena: il carro funebre entra in un cimitero, reparto cremazione.
Irina sta telefonando.
Cambio scena: squilla il telefono di Elvira.
Elvira: pronto
Ciao Irina
Ma come?
Quando?
E adesso?
Io!
(Elvira si allontana, intanto continua a parlare al telefono)
Elvira: Giovanni.
(Giovanni si allontana dal gruppo e raggiunge Elvira in disparte).
Giovanni: che cos’è successo?
Elvira: Irina una sua amica che viveva con lei, ha insistito perchè non fosse fatto il funerale religioso ma solo la cremazione e senza alcun rito e senza nessuno. Mi ha detto che Manuela diceva sempre: almeno da morta voglio decidere su quello che ne sarà di me e dei miei resti. Usateli a concimare gli alberi di un bosco in questo modo potrò sopravvivere ancora sottoforma di molecole che passeranno dal terreno alle redici alle foglie al terreno. In eterno.

lunedì 4 giugno 2007

IL SILENZIO DEI COMUNISTI

Ieri (3 giugno pomeriggio), sono andato a vedere presso le Limone Fonderie Teatrali di Moncalieri, lo spettacolo (che proseguirà ancora fino al 10 giugno 2007): Il silenzio dei comunisti. Già presentato l'anno scorso (nel progetto Domani per le Olimpiadi della Cultura di Torino 2006), con la regia di Luca Ronconi.
Molto particolare la scenografia, con la platea che si spostava a destra ed a sinistra per guardare nelle tre stanze. Ciascuna delle quali racchiudeva un personaggio (tranne che nel finale dove i tre si ritrovano nello stesso ambiente, ma senza parlarsi). Infatti questo spettacolo nasce dall'omonimo libro di Vittorio FOA (ormai novantaseienne), sotto forma di libretto epistolare. Lui stesso scrive una lettera a Miriam MAFAI e ad Alfredo REICHLIN, i quali rispondono con passione ed aggiungono ricordi e considerazioni personali.
Molto bravi gli attori:
Luigi LO CASCIO (Vittorio FOA) BRAVISSIMO!!!
Maria PAIATO (Miriam MAFAI) GRANDISSIMA!!!
Fausto RUSSO ALESI ( Alfredo REICHLIN) Mi è piaciuto un poco meno.
Particolare lo stile narrativo. Visto infatti che si tratta di uno scambio epistolare, i tre attori, non interpretano il vero personaggio. Riportano solo a galla le loro domande. I loro interrogativi sul silenzio dei comunisti. Vengono fuori emozioni, ricordi personali e storici della nostra Italia della prima repubblica.
Se per caso trovate ancora dei biglietti disponibili, ve lo consiglio.
Ciao
Flavio MARABOTTO