lunedì 17 dicembre 2007

BUONE FESTE


Buone feste a tutti!
Milioni di auguri.
Regali scintillanti e preziosi.
Sorprese a non finire.
Fortuna sfacciata per una felicità infinita.
Soldi a palate, affari a valanga!
Un 2008 veramente nuovo e cento mila volte meglio del 2007.
Per ora è tutto.
Al prossimo anno.
Flavio MARABOTTO.

martedì 6 novembre 2007

Domenica 4 novembre 2007




Domenica 4 novembre alle 09.03 abbiamo preso il treno per Savona. Appena saliti a bordo piacevole sorpresa! Abbiamo visto il carissimo Stefano DELMASTRO (parolemoleste, visto come si esprime) con la sua donna, sempre la stessa Francesca da ormai parecchi giorni. Io mia moglie e mio figlio eravamo perfettamente attrezzati per il bagno, il pranzo (con tanto di cesta in vimini dei primi '900) e mutande e canottiera bianche per la "classica" abbronzatura stile canottiera appunto.
La giornata era bella con temperatura di 17° C all'arrivo. Un altra piacevole sorpresa è stata l'incontro a bordo spiaggia della famiglia DELSOGLIO al completo. L'acqua era limpidissima e pure fresca. Ma nonostante questo ho fatto un bel bagno (e non ero il solo, c'erano altri nonnetti come me che si alternavano a lavarsi...)con tanto di nuotata di almeno 10 minuti ed inoltre una corsetta di altrettanti minuti per asciugarmi. In ogni caso è stata una piacevole giornata. Al ritorno sul treno delle 17.45 abbiamo ri-incontrato un signore con sig.ra di Carmagnola, che già ci aveva chiesto informazioni all'andata, il quale ci ha ringraziati per l'informazione ed era contento della piacevole scoperta del mare (con spiaggia) a Savona e della fortezza del Priamar con i suoi musei.
Per ora è tutto dal corrispondente della Savella.
A presto

giovedì 25 ottobre 2007

Il vento umido dell'autunno.



Ieri sera ho visto "Il vento fa il suo giro". Film già consigliato da molti amici. Inoltre girato proprio nella nostra vicina val Maira. Andrò a verificare dove sono questi posti molto particolari e bellissimi. Come la strada arroccata che mi è sembrata molto a quella che sale ad Elva. Il comune di Chersogno pare sia inventato (e prende il nome dal monte sopra Prazzo), le vecchie borgate e baite in pietra e legno: quelle esistono anche nelle altre nostre valli. La bellissima chiesa che mi ricordava quella di Elva ma di Elva non'è.
In ogni caso il film è molto particolare. Ora mi metto nei panni del critico e critico. Partiamo con le cose positive: belli i paesaggi, bella l'idea di realizzare questo film che potrebbe rimanere quasi un documentario tanto è reale. In particolare la gente comune. Il protagonista mi sembrava un vero montanaro. L'attore Giovanni FORESTI, che abbiamo avuto occasione di conoscere al centro diurno Ecceterà sì di Cussanio, mi è sembrato molto se stesso ma poco montanaro. Con quella casa, molto più lussuosa delle altre, con quella professione, molto diversa dalle classiche di valle, con quell'accento molto "vecchia aristocrazia". Inoltre ho trovato fuori luogo il ragazzo con problemi psichici. Il suo aspetto, non dava l'impressione che fosse originario di quei luoghi, anche se aveva un certo effetto il suo profondo e particolare legame che aveva instaurato con la nuova famiglia francese fino ad una scelta drastica quando questa se ne va.
Dimenticavo c'è stata una parte interattiva a metà spettacolo. Vi racconto: ad un certo punto sentiamo borbottare e vociferare fino a quasi urlare. Nel frattempo si accendono le luci (penso in coincidenza della fine del primo tempo) e vediamo una "tipa" che stà insultando un altra che sta cercando di raccattare i suoi occhiali caduti a terra in seguito ad uno scapaccione ricevuto dalla "tipa". A questo punto un "tipo" che presumo accompagnasse la "tipa" cerca di portarla alla calma e la invita ad andare a casa ma questa si rifiuta categoricamente e minaccia di denunciare la sua vittima. A quel punto la vittima si allontana, ma non abbastanza velocemente. Infatti la "tipa" la prende per i capelli e la tira quasi giu dalle scale. Interviene ancora il "tipo", e cerca di dissuaderla, e quando molla la preda, nonostante le sue proteste cerca di convincerla ad uscire. La "tipa" protesta e si sfoga con tutti i fossanesi in particolare, che rimangono ad osservare la "pieces teatrale", senza applaudire. Io inizialmente avevo pensato a una parte teatrale interattiva nel film. Mi era parso di capire che ci doveva essere in sala anche l'attore Giovanni FORESTI e così (come spesso succede a teatro), alle prime battute ho pensato: stai a vedere che hanno fatto un intervallo particolare. Invece poi, abbiamo constatato che la "tipa" non faceva parte del cast di attori ma forse, non in perfetta forma psicologica, era stata suggestionata da alcuni personaggi della pellicola e così, come abbiamo poi saputo dalla vittima, dopo aver chiacchierato insistentemente con il "tipo" si era sentita offesa dalla vittima che gli aveva chiesto di fare silenzio.
Un film doppiamente suggestivo.
Nella sera di mercoledì 24 ottobre 2007.
Flavio

martedì 23 ottobre 2007

Le beghine!

Eccolo il monumento alla beghina! Siiiiiiiiiiii, l'ho trovato e da qualche parte c'è anche la mia foto proprio abbracciato alla beghina.

Begijnhof, si trova ad Amsterdam.
Begijnhof è un grande cortile cintato (diciamo quasi un piccolo quartierino chiuso) che risale agli inizi del XIV secolo. Nascosto dietro l'affollata arteria commerciale dello Spui, è un'oasi di pace surreale, con piccole case raggruppate intorno a un cortile ben tenuto. Un tempo il Begijnhof era un convento abitato da beghine, donne nubili o vedove provenienti da famiglie benestanti che appartenevano a un ordine cattolico, si prendevano cura degli anziani e conducevano una vita religiosa sebbene non avessero preso i voti monastici; l'ultima vera beghina morì negli anni '70 del '900. Una delle case risale al 1465: è la casa in legno più antica del paese ed è ancora in buono stato di conservazione.
Se andate ad Amsterdam non lasciatevi scappare quest'angolo nascosto.
Ciao
Flavio

lunedì 1 ottobre 2007

Festa dei lettori RACCONIGI

Ieri abbiamo tirato tardi al parco di Racconigi, non hanno acceso le luci altrimenti saremo rimasti forse ancora qualche ora. E' stata una bella giornata. Visto il mio anticipo (alle 10.30 ero davanti all'ingresso principale) ho deciso di fare una visita guidata gratuita, agli appartamenti del terzo piano. E' stata una piacevole sorpresa trovare, come "ciceroni", 4 attori. La visita è stata divertentissima e interessante.
Dopo di che mi sono ricongiunto con il gruppo "Eccetera Si..." e agli amici dell'associazione "Parole moleste". E' stata molto rilassante e bella la passeggiata nel parco con ritorno alla Margaria in trenino (alcuni ne hanno aprofitatto "bucando i controlli e la sicurezza" per fare una visita non guidata a tutto il castello, girando in lungo ed in largo tra gli arredi e riuscendo ad arrivare addirittura sul orologio...). Nel pomeriggio, dopo il pranzo offerto da Margi abbiamo assistito ad alcune pieces teatrali nel parco, inoltre abbiamo partecipato ad un laboratorio diretto da Marco BOSONETTO e Davide PINARDI con risultati interessanti.
Vi riporto qui al seguito lo scritto che abbiamo fatto io e due amici.

Racconigi, 30 settembre 2007
Autobiografia di un oggetto che non parla.
Laboratorio effettuato nell’occasione della festa dei lettori con Enrico BOTTASSO, Flavio MORRA e Flavio MARABOTTO
MIOGRAFIA
Conosco molto bene gli alberi, i campi e le panchine che ci sono intorno al grande albero sul quale sono nato.
Osservo spesso le persone che mangiano sulla panchina sotto il mio albero. Così appena se ne vanno, scendo a vedere, cos’hanno lasciato di buono per me. Sono molto ghiotto di nocciole, pane, castagne, bucce di mela, fragoline di bosco, briciole di biscotti. A bere vado sempre al canale che passa qui vicino.
Amo saltare da un ramo all’altro ed intrufolarmi nei cespugli e tra le foglie secche, d’autunno. Cosi è la mia vita di tutti i giorni, tranne quel giorno.
Un uomo, quello che guida il trenino, rincorreva una donna e proprio sotto al mio albero l’ha buttata a terra e gli ha stretto le sue grosse mani intorno al collo, finché non si è più mossa. Ed è stata lì parecchi giorni, prima che tantissime persone venissero a recuperarla.
Purtroppo io non potrò mai dire che è stato l’uomo del trenino perchè sono uno ..........................scoiattolo.

venerdì 31 agosto 2007

Serata CINEMA con amici.

Ieri sera ho visto questo film molto particolare. La regia è di Kiak Jones. Regista esordiente, nel 1988 (non so che fine ha fatto visto che non ho trovato altre filmografie). Ho letto che Kiak Jones avrebbe avuto l'opportunità di girare questo suo primo film a Hollywood, a patto di prendere come protagonisti Jack Lemmon e Walter Matthau. Ha preferito invece non tradire la sua Irlanda, e la sua fedeltà è stata premiata, poiché il film ha poi ottenuto un rimarchevole successo anche in America. Se vi capita l'occasione guardatelo. E' divertente con alcuni episodi ironici e grotteschi.

mercoledì 29 agosto 2007

Vacanze all'isola d'Elba.

Sono stato all'Isola d'Elba con mia moglie e mio figlio dal 17 al 24 agosto 2007. Bellissima!
Il mare è limpidissimo, ma difficile da raggiungere. Quasi tutto il perimetro è una scogliera. Ci sono pochi parcheggi vicino alle pochissime spiagge. Spesso non c'e sabbia ma ciottoli, ghiaia o a volte anche grossi massi. In alcune stupende calette ci sono le alghe (in particolare nella spiaggia di Innamorata e nella cala delle alghe). Le meduse, quelle piccole e viola erano arrivate in massa ad Agosto (apposta per i turisti), infatti i pochi bagnati entravano in mare, muniti di maschera e dopo aver schivato furtivamente le allegre meduse galleggianti a riva. Le strade sono adattissime ad un motociclista che ama il brivido oppure nelle ore meno calde anche al nostro cabrio, ma se patite il mal d'auto li sarete nel posto sbagliato. Ci sono strade tipo "montagne russe" che finiscono in cima ad uno scoglio cento metri sopra il mare. Forse potrebbe essere più interessante dal punto di vista naturalistico per chi ama camminare, magari evitando il mese di agosto visto il caldo e la scarsità di acqua. Peccato che le miniere, che ci sono state a partire dagli Etruschi fino ad alcuni decenni fa, abbiamo lasciato delle belle fette di montagne tagliate e deturpate. Alcune città sono molto belle. Porto Azzurro assomiglia a Portofino. Mancano i Vip (forse), ma i locali ed i negozi sono lussuosissimi. Portoferraio sembra più popolare con il suo grosso centro storico e le fortezze. Ci sono pure diverse tracce di Napoleone.
Nei campeggi, (almeno in quello in cui abbiamo dormito due notti) c'era un clima da quartiere di prima periferia:la madre che sgrida i figli e poi spettegola con la vicina circa la suocera. Il marito che guarda il "culo e le tette" alle vicine. Gli animatori che organizzano serate in modo tale che tutti abbiamo l'opportunità di rincoglionirsi un poco con i balli ripetitivi (tipo "ciuaua") sia nella musica che nei passi. I più vecchietti come me leggono il giornale, controllano maniacalmente, l'auto, la tenda, il camper, mangiano e se sono fortunati nel trovare qualche amico giocano a carte. Nei villaggi turistici c'era più privacy, il centro massaggi, la sauna e la palestra. Li si poteva sentire la moglie che parlava del suo analista con la vicina di ombrellone, il marito (guardava il "culo e le tette" alle bambine) ma con occhiali scuri per non essere visto. La piscina era limpidissima come il mare e rigorosamente azzurra. Ma non ci siamo stati, innanzitutto perchè a me rimanere nei villaggi pare di essere ovunque visto che lo stampo è quasi sembre uguale. Alla fine ci siamo rifugiati nella estremita del nord est, a Cavo. Un paesino con vista su Piombino al quale si collega col veloce aliscafo in 15 minuti. Un alloggetto da 60 € al giorno con cucina e terrazzino. Abbiamo girato comunque in lungo e in largo. Visto anche capre, mucche, un asino dei cavalli, un riccio (schiacciato sull'asfalto) ed un gufetto. Ci siamo punti le dita raccogliendo fichi d'india. Abbiamo portato a casa 10 kg. di souvenir (pietre di tutti i tipi, colori e forme).
Ma devo dire che forse non sono abituato a quel mare splendido. Vi dirò, quando al rientro mi sono fermato ad Albisola Marina (SV), mi sono detto: ma dov'è un altro posto comodo e bello di questo! Visto anche (a partire da Fossano) i 400 chilometri per arrivarci.
Ma una volta nella vita vale sempre la pena andarci, se siete già stati alle 5 terre.
Flavio


lunedì 30 luglio 2007

Fine settimana al rifugio LAUS



Bellissimo il fine settimana dal 27 al 29 luglio 2007! In splendida compagnia. Di vecchi amici. Non tanto vecchi anagraficamente ma di vecchia data. Alcuni frequentati ormai da 15 anni. Il posto è facilmente raggiungibile (abbiamo anche aprofittato del servizio "navetta" per appoggiare gli zaini ed i viveri di conforto, bevande e super alcolici-in particolare complimenti al vino divino di Pino ELIA, papà di Anna ). La struttura è quasi nuova, molto confortevole, il rifugio è stato da noi interamente occupato. L'atmosfera era molto familiare. Ci sembrava quasi che i gestori avessero soggezione di noi (gli abbiamo anche lasciato 1.800 e passa €). Forse se avessimo potuto fare 3 giorni infrasettimanali avremo avuto un atmosfera meno turistica. Visto che in particolare domenica era un continuo via vai di gente. E quindi anche i gestori erano abbastanza impegnati, a servire i clienti in transito proprio davanti all'ingresso. La cucina molto abbondante, ma forse visto la stagione, sarebbe stata più gradita una bella insalata di pomodori (che richiede poco tempo nella preparazione), e altre verdure crude fresche. La polenta, nonostante le quattro varianti (formaggi, salsiccia, spezzatino e camoscio) va benissimo come piatto invernale o alternativo. Anche la frutta fresca e di stagione, che per fortuna nelle nostre valli abbonda, era inesistente. Meloni, angurie, pesche sarebbero state gradite.
Ma torniamo a noi! Si noi 22 (ventidue, avete letto bene)! Per principio non faccio nomi e neppure cognomi. E neppure ringraziamenti, se non a tutti ed all'unisono. Ma debbo dire che non ricordo un numero di amici così alto, tutti insieme per due giorni interi in tutta la storia addietro. Il tempo mi rimanda al giro del Monviso di molti anni fa. Allora (almeno un terzo delle persone era già presente) si era, se non ricordo male, nel 1993/1994 o forse addirittura nel 1992. Quindi parliamo forse di una quindicina di anni fa. Diventa facile fare un confronto tra allora ed oggi. E nonstante molte cose importanti siano successo nella nostra vita, ho ritrovato in noi, a grandi linee, gli stessi caratteri di allora. Diciamo pure che nonostante gli anni passino rimangono le nostre ansie, angoscie, fobie ma anche allegrie e pazzie. Gioie e dolori insomma ci accompagnano sempre allo stesso modo. Ci siamo molto rilassati, riposati e divertiti, con tanto di spettacoli: Biancaneve ed ì 7 nani, Cenerentola. Gioco a carte e per solo pochi intimi fuochi d'artificio!
Ma concludendo devo dire che quest'incontri in montagna vanno rifatti. Prego Anna ELIA di riproporli ed insistere anche nel 2008 perché ciò avvenga. Il prossimo anno potremo tentare l'avventura in tenda, magari vicino al rifugio MIGLIORERO!
Un forte abbraccio a tutti
Flavio MARABOTTO

martedì 17 luglio 2007

Esplosione del MOLINO CORDERO

Sarà una giornata indimenticabile, per me (anche se io lavoro alla Moul-bie Italia a circa 100 metri) ed in particolare per molti dipendenti del MOLINO CORDERO. Non avrei mai immaginato che un molino potesse scoppiare. In questo modo mi sono immaginato, nel nostro piccolo, quello che hanno provato parecchie volte i nostri genitori o nonni nelle due precedenti guerre durante i bombardamenti, quello che hanno provato in modo molto amplificato l'11 settembre 2001 a New York o quello che stanno provando giorno dopo giorno in Iraq, in Israele e in molti altri paesi dove gli attentati con autobombe o camicazze sono all'ordine del giorno.



Questa è un immagina di un ora dopo lo scoppio vista dal cortile della Moul-bie, da Via Torino.


Questa è un immagine, sempre di un'ora dopo circa, vista dall'interno del cortile di Via Paglieri.



Questa è la cronistoria di una brutta giornata. Ieri 16 luglio 2007. Ancor oggi, alle 16.00 ci sono i vigili del fuoco che continuano a buttare acqua.
Flavio MARABOTTO























venerdì 29 giugno 2007

I bambini imparano quello che vivono

I bambini imparano quello che vivono

Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare
Se i bambini vivono con l’ostilità, imparano a combattere
Se i bambini vivono con la paura, imparano ad essere apprensivi
Se i bambini vivono con la pietà, imparano a commiserarsi
Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidi
Se i bambini vivono con la gelosia, imparano a provare invidia
Se i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli
Se i bambini vivono con l’incoraggiamento, imparano a essere sicuri di sé
Se i bambini vivono con la tolleranza, imparano a essere pazienti
Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare
Se i bambini vivono con l’accettazione, imparano ad amare
Se i bambini vivono con l’approvazione, imparano a piacersi
Se i bambini vivono con il riconoscimento, imparano che è bene avere un obiettivo
Se i bambini vivono con la condivisione, imparano a essere generosi
Se i bambini vivono con l’onestà, imparano cos’è la giustizia
Se i bambini vivono con la gentilezza e la considerazione, imparano il rispetto
Se i bambini vivono con la sicurezza, imparano ad avere fiducia in se stessi e nel prossimo
Se i bambini vivono con la benevolenza, imparano che il mondo è un bel posto in cui vivere

Dorothy Law Nolte


giovedì 21 giugno 2007

IL PIACERE E L'AMORE

Ieri sera ho avuto il piacere di vedere questo film. Di amore non ho visto molto. Ma mi è piaciuto molto. Il film in certi passaggi è molto lento. Tipo inquadratura primo piano con due minuti di silenzio, sguardo a destra e a manca, singhiozzo, pianto.
Originale, inaspettato e curioso per me, l'ambiente che dovrebbe essere Turchia, le inquadrature e le sfuocature.
Non lo consiglio a certi miei amici che amano i film d'azione.
Lo consiglio invece ai cultori di cinema d'Essay.
Ciao
Flavio MARABOTTO

lunedì 18 giugno 2007

I gemelli sul pullman


Discorso, in occasione del funerale, tra i gemelli, Anna e Carlo, (che qui accanto vedete in una vecchia foto scattata dopo la laurea di Anna) sul pullman che sta viaggiando da Fossano a Cussanio.
Anna: tu sai qualcosa del testamento?
Carlo: no. So che aveva uno scritto presso un geometra. Quello che seguiva un poco tutte le sue pratiche burocratiche. La vecchia casa in campagna e quegli appezzamenti di terreno in frazione S.Lucia.
Anna: si, i terreni e la vecchia casa è tutto alla luce del sole, ma io vorrei sapere cos’è stato stabilito in merito alla famosa cassetta di sicurezza che c’è in banca!
Carlo: ne ho sentito parlare. Anzi, sopra sono stati costruiti “castelli di fumo”. Io penso che su questa fantomatica cassetta non ci sia nulla di vero.
Anna: ma cosa dici! Guarda che una mia amica che lavora in banca me l’ha confermato. Mi raccomando che rimanga tra noi due. Ma la cassetta esiste, eccome! Ed ha anche un’assicurazione altissima rispetto a quelle che dichiarano la maggior parte dei possessori di gioielli e beni preziosi.
Carlo: ma cosa significa. Intanto lo sai, lo zio non era così astuto. Per quanto riguarda l’assicurazione si sarà fatto convincere dagli interessi di un qualsiasi assicuratore. Sai loro vogliono vendere. A mio avviso sono tutte voci di “popolo” che con gli anni sono diventate leggende metropolitane.
Anna: appunto, io ti dico che voglio vederci chiaro. E’ nostro zio e noi essendo gli unici nipoti eredi, abbiamo il diritto di sapere cosa c’è dentro.
Carlo: ma, guarda non farti illusioni. Che esista una cassetta sarà sicuramente vero, ma io non mi aspetterei nulla da quella stupida cassetta. Non illuderti sai. Potresti rimanerci male.
Anna: aah, ed invece no e poi no. Ti torno a ripetere che voglio una volta per tutte vederci chiaro. E se fosse pure vuota almeno si mettono fine a queste voci. Che poi, saranno anche voci ma, Bona di Savoia non era una leggenda. Era nata nel 1.450 ed era la quattordicesima dei diciotto figli di Lodovico di Savoia e di Anna Lusignano di Cipro. Mica una poveraccia qualunque! A diciotto anni aveva sposato Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano. Quindi, era una potente e ricca dama. Non una leggenda. Certo, sappiamo anche che Ludovico il Moro, non appena la Bona rimase vedova, per sete di potere le strappò la reggenza e la costrinse all'isolamento e all'esilio. Ma la duchessa visse a partire dal 1500 nel Castello di Fossano, assegnatole in rendita dal Duca Filiberto di Savoia, suo nipote. Certamente aveva con se molti tesori, sia di casa Savoia sia di casa Sforza. Morta il 17 novembre del 1503, in circostanze misteriose, non si sono trovati ufficialmente gioielli o tesori che sicuramente aveva. Allora poi si portavano tutto dietro. Mica depositavano in banca come si fa ora. Dalle cronache si legge che la salma, rimasta molti giorni insepolta, fu trasportata via dal Castello di notte, accompagnata da due soli nobili con i ceri accesi e tumulata forse nella chiesa di san Giovenale. Fin qui è tutta storia. Storia documentata. E poi si ci sono altre voci che parlano addirittura del suo fantasma, quello si è solo un invenzione. Ma sappiamo benissimo che i nostri avi allora nobili della città erano in stretto contatto con Bona di Savoia ed avevano in custodia molti degli oggetti del suo tesoro. Ora quei tesori avrebbero un valore inestimabile. Non solo perchè d’oro massiccio, ma per il suo valore storico.
Carlo: va bene Anna, adesso però non stiamo a discutere su questo. Lo zio avrà lasciato degli scritti e vedremo.
Anna: io non mi fido. Questa storia della cassetta da 500 anni che continua a rimanere un mistero. Io ti dico che voglio sapere la verità. Voglio vedere con i miei occhi cosa racchiude. Questo era già un desiderio di nostro nonno e nostro padre, e neppure loro hanno potuto sapere.
Carlo: non contarci troppo su questa cassetta. Non vorrei che tu rimanessi delusa. Magari contiene due gemelli da polso per camicie.
Anna: ti ripeto, non è per il suo valore. Anzi, se veramente fosse quel tesoro che raccontano, non avrà sicuramente un valore commerciale. Ma torno a ripeterti io voglio la verità.
Carlo: va bene, adesso pensiamo al funerale e poi vedremo.
Anna: ma non perdiamo troppo tempo. Ammesso che non sia già troppo tardi.
Carlo: tardi o presto potrai vedere la cassetta vuota.
Anna: è quello che temo!
Incidente del pullman, confusione generale, il pullman finisce nel fosso.

lunedì 11 giugno 2007

BALLA LINDA

Eccovi un link (si era nel 1968) con un live di Lucio e la famosa ormai BALLA LINDA
http://www.youtube.com/watch?v=48EztJiX9IU

IL BALLO. PRIMORDIALE MEZZO DI ESPRESSIONE NON VERBALE.

Era da 20 anni (o quasi) che non entravo in una discoteca.
Sabato notte (diciamo pure domenica mattina, 10 giugno2007) ci sono andato con un gruppo veramente speciale. Persone che dicevano di non aver mai ballato in vita loro. Persone che sembravano addormentarsi già prima di cena, poi a tavola. Persone che hanno dormito durante lo spettacolo teatrale (forse per questo erano pimpanti).
INCREDIBILE! Dico incredibile come la musica, nonostante il sovraffollamento il caldo e le luci strobo-ubriacanti, sia riuscita a ricaricarci, attivarci e farci tirare avanti fino alle 3 del mattino (e senza l'aiuto di cocaina).
Le musiche erano le stesse che sentivo vent'anni fa. Ho visto alcune persone che già allora vedevo (non nello stesso capannone ma al Magar). Il disc Jockey smanettava sul mitico vinile, inoltre alla console c'era un tipo che aveva circa la mia età ed era molto attento a fare i complienti alle donne, in particolare a fare gli auguri di compleanno senza dire la cifra. Intanto ancora tanti tantissimi auguri di buon compleanno a Margi (non so quanti anni tu abbia compiuto ma sicuramente ne dimostri molti ma molti di meno)!!!
Devo dire che però mi sono fatto un idea molto diversa delle discoteche. Allora mi sembravano un luogo infernale, dove non si poteva parlare con le ragazze e neppure invitarle a ballare.
PASSATI 20 ANNI forse non ci sono più chissà quali discorsi da fare. Forse ci siamo talmente abituati alle nostre solitudini che essere li tutta la sera a scatenarci, ridere e guardarci senza parlarci è diventato normale. Forse abbiamo acquisito una comunicazione non verbale (più animale e naturale). Bisognerebbe leggere qualche studio sociologioco in merito...
Ma io sono rimasto favorevolmente colpito dalla reazione che la danza ha fatto sul gruppo, me stesso compreso logicamente.
Direi che è sicuramente un buonissima terapia.
Mi ha colpito inoltre il fatto di vedere ancora delle copiette tipo il tempo delle mele ma con 40 anni in più, che si sbaciucchiavano sui divani abbracciati e seduti in braccio.
L'abbigliamento e la moda non è più quella di allora: tutti uguali a seguire un unica moda.
Ora si vedevano persone di ogni tipo e abbigliate in modo vario.
Dalla super vamp alta 1 metro e 30, 60 kg. (60, 120, 60) capelli lunghi biondo platino, pantaloni bianchi e mutande belle grosse.
Alla signorina sulla cinquantina mingherlina (faccia smorta figa forta) che ballava senza gonna sul cubo per far vedere bene le gambe, unica parte con un valore commerciale.
Dove eravamo?
AL BALLALINDA di FOSSANO (CN) ITALY!
Per ora è tutto dal corrispondente del CORTOCIRCUTO.
Flavio MARABOTTO

mercoledì 6 giugno 2007

BOLLE PER IL CORTO CIRCUITO

Eccovi alcuni appunti (dette bolle) da eventualmente utilizzare con altre idee.



SORELLA




























VECCHIA MADRE



















DON (ANTONIO detto) BOB






































Giovanni






















Autista del pullman Fausto

























Elvira


















Primissimo piano sulle scarpe indossate da Autista, Elvira, Giovanni, Don Bob, Sorella e Madre.
Dopo l’allargamento del campo si vede il gruppo in attesa e composto, davanti al santuario di Cussanio.




Altra scena: passa un carro funebre con bara. Alla guida un uomo grasso (con abito scuro e camicia bianca). Si ferma. Si avvicina una donna con vistosi stivali rossi.
La carica come passeggera. E' Irina (biondo platino e vistosamente truccata). Primo piano della copia in auto (vista davanti).





























Cambio scena. Davanti al santuario le persone commentano:
Elvira: (avvicinandosi a Giovanni) così all’improvviso chi se lo sarebbe aspettato.
Giovanni: ci spetta tutti la stessa fine.
Elvira: ma lei è un parente?
Giovanni: no un amico. Mi chiamo Giovanni.
Elvira: anch’io sono un amica. Piacere Elvira.
Altra scena, il carro funebre si ferma lungo la strada e l’autista parla al telefono.
Elvira: ti presento Fabio, che ho conosciuto ieri sera.
Cambio scena alla sera precedente ore 21.00 a bordo del pullman. (vedere come riciclare eventualmente parte dei dialoghi da riadattare al funerale anziché al matrimonio).
Elvira: era così giovane e così diversa da tutti. Ma quando si tratta di morire siamo tutti uguali.
Giovanni: si dopo morti si forse, ma prima no. Prima siamo tutti diversi.
La madre scoppia a piangere. La sorella la sostiene.
Elvira: ma tu dove l’avevi conosciuta Manuela.
Giovanni: in un momento molto difficile della mia vita...
Parte una scena che descrive il racconto.
Un auto rallenta e si ferma. Una prostituta alta e formosa sta passeggiando nei paraggi abbigliamento appariscente (è estate fa caldo) T-shirt rosa minigonna nera e sandali rossi.
Si gira e si avvicina. Si vede un rimarcato lineamento maschile nel grosso naso e il largo volto. Ciao io sono Manuela (con voce maschile e non mascherata).

Giovanni: ah ma allora sei un diverso!
Manuela: finalmente, una persona intelligente. Si sono diverso.
Giovanni: scusa, così all’improvviso, non me l’aspettavo e mi è scappato. Ma avrei dovuto dire che siamo tutti uguali.
Manuela: ma no! Lascia perdere i “diversi” come li intendi tu. Ma io volevo proprio dirti che dovremo partire dal presupposto di essere tutti diversi.
Giovanni: scusa ma, non capisco.
Manuela: scendi dai che te lo spiego.
Giovanni: non posso.
Manuela: vuoi fare la sauna li dentro?
Giovanni: ti dico che non posso. Non posso camminare.
Manuela: ti porto io, non ti preoccupare (apre la portiera)
Giovanni: ma cosa fai, sono pesante...dove mi porti? ( e con stupore di Giovanni, lo prende in braccio e lo porta fuori su di una sedia un poco più avanti dietro un cespuglio).
Manuela:nel mio salotto!
Giovanni: scusami ancora per prima.
Manuela: ti volevo appunto spiegare che per questa storia di essere tutti uguali io mi sono rovinato la vita. Per questo ci tengo a sottolineare che ognuno di noi è diverso.
Giovanni: si in effetti, anch’io in questa condizione mi sento molto diverso.
Manuela: e pensa che io per voler essere diverso a tutti i costi mi sono rovinato l’esistenza. A causa di tutte le persone che continuavano a dirmi che non ero diverso ma uguale. Ugualissimo a tutti gli altri uomini. Si perchè avevo il “pisello”. E così non potevo neppure sognare. Avessi potuto sognare, mi sarebbe bastato. Ma invece no. Tutti ad insistere che ero uguale a gli altri uomini. Mi hanno così tolto anche la possibilità di sognare. Almeno sognando avrei potuto essere veramente la bellissima Manuela. E senza sacrifici. Invece ho fatto la pazzia di farmi operare. E sono caduto dalla padella alla brace. Si, l’intervento costava una cifra. Così per risparmiare è stato un intervento mal riuscito. Ho perso il posto di lavoro e non trovavo più nulla. L’unica possibilità di lavorare e stata solo con questo mestiere. Ma questa non era certo la mia aspirazione. Anzi non ti puoi neppure immaginare che fatica doversi depilare, truccare e poi aver a che fare con certi tipi di persone che frequentano quest’ambiente. Un inferno!
Giovanni: ma almeno tu puoi camminare. Io no. Fossi morto sarei stato meglio.
Manuela: ma cosa t’è successo.
Giovanni: ero andato in discoteca, avevo bevuto un poco troppo e preso anche qualche pasticca. Sono partito in auto e non ricordo come sia andata la storia. Mi hanno raccontato che ho centrato in pieno un auto nell’altro senso di marcia sulla quale viaggiavano cinque ragazzi. Tutti morti. Questo è il peso più grande che dovrò portarmi dietro per tutta la vita. Questo mi pesa come un macigno.
Manuela: su dai non farti questi sensi di colpa adesso. Ma non hai possibilità di rimetterti in piedi?
Giovanni: secondo gli specialisti si. Si tratta di un blocco psicologico. Fisicamente tutto è apposto. Ma io non ce la faccio. Le mie gambe non mi reggeranno mai.
Manuela: ma se ragioni e pensi in questo modo, sei messo male. Devi sognare! Le cose sono possibili solo se noi le pensiamo possibili.
Cambio di scena la telecamera si allontana e lascia pensare che tra i due possa succedere qualcosa.
Altra scena in cui il carro funebre sta girando indietro in una strada in città
La scena si ripresenta davanti al santuario.
Giovanni: si prima di incontrare Manuela, quello era stato il periodo più brutto che io non abbia mai vissuto. Fu quella volta che per la prima volta dopo l’incidente ebbi un erezione. (la mamma singhiozza e la sorella si fa un veloce segno della croce guardando in alto) E da quella volta ho ricominciato a sognare. Ma sognare veramente. No non mi piacciono i travestiti. Ero li ad osservare quella donna e non avevo neppure pensato che potesse essere stata un uomo. La osservavo e mi immedesimavo in lei come parte di un mondo di esclusi. Un auto compatimento. Un auto commiserazione forse. Mi sentivo solo e disperato. Avevo un terribile bisogno di stare con le persone. Come stavo prima. Ma dall’incidente tutto è cambiato. Si molte persone mi dedicavano attenzioni ma spesso queste attenzioni a me davano fastidio. Mi sembravano inutili, e poi intanto io me ne stavo li sulla sedia a rotelle. E non mi bastava che tutti si spostassero per farmi passare se poi una volta passato rimanevo li solo.
Elvira: ma pensa, sai che Manuela non mi ha mai parlato di te.
Giovanni: non sapeva neppure il mio nome. Ogni tanto passavo li davanti. Dove batteva. Avrei voluto fermarmi. Anzi mi sarei sicuramente fermato. Aspettavo sempre di trovare il coraggio. Inoltre volevo stupirla alzandomi e camminando bene. Come per miracolo. Anche se questo non è un miracolo. È stato grazie alla sua apertura mentale. Alla fiducia che è riuscita a trasmettermi.
Cambio scena: il carro funebre entra in un cimitero, reparto cremazione.
Irina sta telefonando.
Cambio scena: squilla il telefono di Elvira.
Elvira: pronto
Ciao Irina
Ma come?
Quando?
E adesso?
Io!
(Elvira si allontana, intanto continua a parlare al telefono)
Elvira: Giovanni.
(Giovanni si allontana dal gruppo e raggiunge Elvira in disparte).
Giovanni: che cos’è successo?
Elvira: Irina una sua amica che viveva con lei, ha insistito perchè non fosse fatto il funerale religioso ma solo la cremazione e senza alcun rito e senza nessuno. Mi ha detto che Manuela diceva sempre: almeno da morta voglio decidere su quello che ne sarà di me e dei miei resti. Usateli a concimare gli alberi di un bosco in questo modo potrò sopravvivere ancora sottoforma di molecole che passeranno dal terreno alle redici alle foglie al terreno. In eterno.

lunedì 4 giugno 2007

IL SILENZIO DEI COMUNISTI

Ieri (3 giugno pomeriggio), sono andato a vedere presso le Limone Fonderie Teatrali di Moncalieri, lo spettacolo (che proseguirà ancora fino al 10 giugno 2007): Il silenzio dei comunisti. Già presentato l'anno scorso (nel progetto Domani per le Olimpiadi della Cultura di Torino 2006), con la regia di Luca Ronconi.
Molto particolare la scenografia, con la platea che si spostava a destra ed a sinistra per guardare nelle tre stanze. Ciascuna delle quali racchiudeva un personaggio (tranne che nel finale dove i tre si ritrovano nello stesso ambiente, ma senza parlarsi). Infatti questo spettacolo nasce dall'omonimo libro di Vittorio FOA (ormai novantaseienne), sotto forma di libretto epistolare. Lui stesso scrive una lettera a Miriam MAFAI e ad Alfredo REICHLIN, i quali rispondono con passione ed aggiungono ricordi e considerazioni personali.
Molto bravi gli attori:
Luigi LO CASCIO (Vittorio FOA) BRAVISSIMO!!!
Maria PAIATO (Miriam MAFAI) GRANDISSIMA!!!
Fausto RUSSO ALESI ( Alfredo REICHLIN) Mi è piaciuto un poco meno.
Particolare lo stile narrativo. Visto infatti che si tratta di uno scambio epistolare, i tre attori, non interpretano il vero personaggio. Riportano solo a galla le loro domande. I loro interrogativi sul silenzio dei comunisti. Vengono fuori emozioni, ricordi personali e storici della nostra Italia della prima repubblica.
Se per caso trovate ancora dei biglietti disponibili, ve lo consiglio.
Ciao
Flavio MARABOTTO

martedì 29 maggio 2007

FUNERALE


Eccovi la foto di Wislawa, nota poetessa polacca, (ANCORA VIVA E VEGETA. In questi giorni era in giro per Roma) premio nobel per la letteratura nel 2006.
Ed'eccovi anche una sua poesia che mi è tornata in mente, quando stavo lavorando con il gruppo del CORTO CIRCUITO.
A risentirci
Flavio MARABOTTO

FUNERALE

“così all’improvviso, chi poteva pensarlo”
“lo stress e le sigarette, io glielo dicevo”
“così così, grazie”
“scarta quei fiori”
“anche per il fratello fu il cuore, dev’essere di famiglia”
“con questa barba non l’avrei mai riconosciuta”
“se l’è voluto, era un impiccione”
“doveva parlare quello nuovo, ma non lo vedo”
“Kazek è a Varsavia, Tadek all’estero”
“tu sola hai avuto la buona idea di prendere l’ombrello”
“era il più in gamba di tutti, e a che gli è servito?”
“ è una stanza di passaggio, Baska non la vorrà”
“certo, aveva ragione, ma non è un buon motivo”
“con la verniciatura delle portiere, indovina quanto”
“due tuorli, un cucchiaio di zucchero”
“non erano affari suoi, che bisogno aveva”
“soltanto azzurre e solo numeri piccoli”
“cinque volte, mai una risposta”
“d’accordo, avrei potuto, ma anche tu potevi”
“meno male che almeno lei aveva quel piccolo impiego”
“be’, non so, probabilmente parenti”
“il prete è un vero Belmondo”
“non ero mai stata in questa parte del cimitero”
“l’ho sognato la settimana scorsa, un presentimento”
“non male la figliola”
“ci aspetta tutti la stessa fine”
“le mie condoglianze alla vedova, devo fare in tempo a”
“però in latino era più solenne”
“è la vita”
“arrivederla, signora”
“e se ci bevessimo una birra da qualche parte”
“telefonami, ne parleremo”
“con il quattro o con il dodici”
“io vado per di là”
“noi per di qua”

(da GENTE SUL PONTE 1986) Wislawa SZYMBORSKA

venerdì 25 maggio 2007

La parte più nota di PALAZZO MADAMA A Torino


Ieri, con mio cognato, sono andato a visitare Palazzo Madama. Mi è piaciuto molto.
Quella sotto è una webcam ma non si vede molto.
La storia di Palazzo Madama parte dal I secolo A.C. e si vedono (visita gratuita) negli scavi appena entrati al piano terra le mura romane.
Un episodio divertente: dopo un paio di ore di visita e un pranzetto alla caffetteria del palazzo, siamo andati in sala relax. Non c'era nessuno e ci siamo svaccati sui divani rossi nella veranda angolo via Roma. Dopo un po arriva una signoria e mi chiede: sta bene? Io rispondo: sto benissimo mi stò rilassando. Mi sembra che si stia rilassando un po troppo (forse voleva dire che ci eravamo letteralmente sdraiati e li non era un posto per dormire) ma non ci abbiamo fatto caso. La signorina, visto che noi continuavamo a rimanere sdraiati e con gli occhi chiusi si è allontanata e probabilmente confabulando con una collega è ritornata appunto con la collega. Questa invece di richiamarci per il modo è partita dal fatto che ormai eravamo li da 20 minuti e che c'era gente fuori che apsettava per entrare. Cosa molto strana perché fuori non c'era nessuno che aspettava e nella sala relax rimaneva comunque un mega divano libero. A sentirci ribattere in questo modo le signorine ci hanno detto se volete vi chiamo il responsabile. Al che io ho risposto: si grazie, mi chiami il responsabile.
Dopo cinque minuti arrivano tre responsabili, ma molto timidamente non si presentano, guardano passano oltre, tornano, guardano i computer. Noi volevamo concludere la visita e così prima di uscire abbiamo fatto il primo passo: scusate siete voi i responsabili? E queste due ragazze ed un ragazzo timidamente rispondono: Si.
A quel punto ci scappava già da ridere ma gli abbiamo detto: volevamo sapere perchè non bisogna rilassarsi troppo? Il tutto è finito in uno sguardo interrogativo e una risata.
Ma la cosa più interessante è stata la degustazioni (abbiamo speso un capitale) fatte ai moltissimi caffè: tutti buonissimi.
Il più particolare, per me è stato il "bicerin" (un raffinato coctail di caffe, cioccolata calda e panna) sorseggato nella mega veranda della caffetteria del Palazzo Madama al primo piano con vista su Palazzo Reale!
Buonissimo anche il caffe con latte del modernissimo Bar S.Tommaso 10 (sede storica della LAVAZZA, con piccolo museo interno). Sempre in Via S.Tommaso, ma al numero 18 c'è un altro bar (sempre con Caffè LAVAZZA) che ha fatto un ottimo caffè con latte montato e cioccolato. Elegante la sala caffè BARATTI (in parte in galleria) angolo proprio piazza Castello. Con i camerieri in smoking. Il caffè buono. Idem per il marocchino sorseggiato (con cioccolato in polvere sopra )da Talomone in piazza S.Carlo (curiosi i frequentatori. Tra signore un poco stagionate con lifting, turisti e impiegati di banca).

mercoledì 23 maggio 2007

Elvira

(Eccovi un anteprima dei dialoghi della nostra Elvira con l'autista)


Autista: borbottando sotto voce; che diavolo succede?
Elvira: stavo per chiederlo a lei?
Autista: (parlando tra se e provando a girare e rigirare la chiave); non da segni di vita.
Elvira: non sarà mica mancata la benzina?
Autista: ma guarda un po’! Non si accendono neppure le luci di emergenza!
Elvira: ... anche a me, una sera si era fermata la macchina e poi, per fortuna, si sono fermati dei signori gentilissimi che mi hanno aiutata. Era finita la benzina!!! Io mi dimentico sempre di mettere benzina. Pensi che sono rimasta senza benzina persino in mezzo al passaggio a livello! Quella volta mi è andata bene! Se non ci fossero stati dei signori coraggiosi a spingermi fuori... e per fortuna le sbarre non erano quelle proprio chiuse da tutte e due le parti.
Autista: (con una pila accesa in mano traffica per sbloccare il braccio idraulico che aziona lo sportello) ; per favore rimanete al vostro posto seduti che scendo a mettere almeno un triangolo sul retro, in strada.
Elvira: (avviandosi verso l’uscita) ma guarda guarda, questa non mi era mai capitata rimanere senza benzina anche in pullman!
Autista: signora! Le ho detto di rimanere seduta al suo posto. Per favore!
Elvira: ma non si vede niente!
Autista: adesso prendo una altra torcia a pile che ho qui nel baule sotto.
Elvira: che freddo! Proprio questa sera che mi sono messa le scarpe con i tacchi a spillo e la minigonna!
Autista:pronto? Mi senti? Non sento bene! Sono Fausto, richiamami per favore! Pronto? Mi hai sentito? Ma va fa...
Elvira: cosa facciamo adesso?
Autista: un attimo di pazienza. Aspetto una chiamata dal titolare.
Elvira: questi telefoni quando servono non funzionano mai! Vuole il mio telefono?
Autista:no grazie ho il mio!
Elvira: non faccia complimenti, dovrei avere ancora 10 € di credito. Sa, spesso mi dimentico di ricaricarlo e poi non posso chiamare. Che rabbia! Sapesse che mi viene un nervoso.
Autista: (trafficando con il suo telefono e borbottando qualcosa), non vedo se c’e ricezione.
Elvira: adesso chiama il carro attrezzi?
Autista:ma che carro attrezzi?
Elvira: ma pensi che per non venire con la mia vecchia panda, visto che oggi è venerdì 17.... Non che io sia superstiziosa, tutt’altro, ma sa, un viaggio così lungo di sera non l’ho mai fatto da sola.
Autista:ma cos’aspetta a chiamarmi. Non ha visto il numero?!? Porca puttana, mai che ci sia, se ne hai bisogno!
(Intanto squilla il cellulare dell’autista). Pronto Guido, qui è successo una cosa strana. Si è fermato improvvisamente e non da segni di vita.
Il BM 10 VOLVO.
Non si accendono neppure le luci di emergenza.
Una decina di persone!
Ma è buio pesto!
Una pila l’ho già messa appesa dietro al pullman.
Qui non si vede una mazza, qualcuno ci viene ancora a sbattere dentro.
L’altra è qui.
Si adesso do un occhiata ma intanto puoi mandare un pulmino a finire il giro.
Pronto? Pronto? Mi senti?
Ma porca puttana. Non voglio mica passare la notte qui in culo ai lupi! Quello stronzo! Se ne fotte degli altri! Cazzo, cazzo cazzo (calciando un sedile)!
Elvira: non si arrabbi, mi fa paura quando fa così! Cosa sta succedendo ora? Vengono a prenderci.
Autista: no! Siamo nella merda. Non c’è nessuno. Farà il possibile, vedrà, e le solite cazzate. Lo conosco quello. Sarà già al ristorante con la “tipa” di turno. Figurati se si preoccupa di me! Lui ha altre cose più importanti a cui pensare!
Elvira: potremo provare a spingerlo fino nella piazza.
Autista: ma mi faccia il piacere, per favore signora non mi faccia perdere le staffe” Anzi, scendete a piedi e andate più avanti, toglietevi da qui. Non vorrei che ci scappasse il morto!
Elvira: ma perchè, potrebbe esplodere? Mio Dioooo! Non mi faccia pensare!
Autista: su, su non create panico! Un attimo di attenzione: scendete, e proseguite in fila sul bordo sinistro della strada. Fino alla piazza e vedete se il bar è aperto. Qualcuno ha una pila?
Elvira: io ho questo portachiavi che ha la pila attaccata.
Autista:per favore! Tenete questa e agitatela bene in caso arrivi una macchina.
Elvira: (appena scesa scivola lunga e tirata a terra) uuuuuuuuhhhh! Aiiiiiiiih! Che botta! Lo sapevo che non dovevo mettermi i tacchi. Ahi che male! (un passeggero l’aiuta a rialzarsi)
Autista:senta signora, lei rimanga qui sopra, prima che si rompa una gamba.
Elvira: grazie. La strada è una lastra di ghiaccio.
Autista: (aiutandola a risalire) si è fatta male?
Elvira: no, nulla per fortuna, ma sa che mi sembra già di averla incontrata da qualche parte.
Autista: (trafficando nel cassetto porta oggetti) mi avrà visto sul pullman, visto che sono vent’anni che faccio l’autista.
Elvira: no sul pullman non di sicuro. Sa io non prendo mai il pullman. In particolare questo non l’avevo mai preso. Io abito a Moncalieri e siccome, dovevo venire qui, a Cussanio, con la mia vecchia scassarola non mi fidavo. Ho preso il treno. Ma pensi che saranno stati dieci anni che non salivo sul treno. Proprio questa volta che dovevo andare al matrimonio di una mia amica che si sposa domani mattina alle 9.00 nove proprio qui nel santuario. Pensi un poco se doveva sposarsi a novembre! Ed io devo anche farle da testimone. Mi sono dovuta portare dietro due valige. Una soltanto per il regalo. Sa, ho comprato un bel servizio di bicchieri in cristallo. Mi è costato un occhio della testa. Mi raccomando se deve spostare la valigia rossa faccia piano, sono li dentro.
Autista: non si riesce neppure a chiudere la porta. Con questi mezzi idroelettromeccanici...
Elvira: idro che?
Autista: idroelettromeccanico.
Elvira: ma lei sa un mucchio di cose. Io non ci capisco nulla di queste macchine. Pensi che non sapevo neppure che la mia macchina, anzi a dire il vero era del mio ex marito, che me l’ha lasciata. Mi ha lasciato anche tutto l’arredamento. Non era un gran che ma sa, a dover ricomprarsi tutto, c’è da rovinarsi. Piuttosto non mi sarei separata! E’ stato brillante da quel punto di vista. Certo lui guadagna un sacco. E adesso sarà in viaggio in chissà quale parte del mondo. Cos’è che stavo dicendo? Non mi ricordo come mai devo sempre arrivare a parlare di mio marito. Era noioso! E non parlava quasi mai lui! Ma quando apriva bocca, aveva sempre qualche cosa che non andava. I gatti non li sopportava. Quando io non c’ero chiudeva sul balcone il mio Tigro! Oooh in questo momento mi viene il dubbio: gli avrò lasciato da mangiare? L’ultima volta che sono stata via un fine settimana, mi sono dimenticata di dargli da mangiare..... Povera bestia, è rimasto senza mangiare e senza bere per tutto il week-end. Mi ha distrutto tutta la poltrona! Non vorrei che mi facesse un’altro gesto anche questa volta. Poveretto lui non ha l’orologio! E non sa regolarsi. Quando ha fame non ragiona più.
Autista: rimanga un attimo qui seduta che scendo a vedere nel vano motore dietro, sperando che non mi venga addosso qualcuno.
Elvira: posso aiutarla?
Autista: (scendendo) no grazie, stia li. Con quelle scarpe...
Elvira: (seguendo l’autista e scendendo anche lei la scala) ma guardi che per fortuna ho un paio di jeans e delle scarpe più comode in valigia. Se mi permette di prenderle...
Autista: aspetti per favore, glie la passo io. Arrivo subito.
Elvira: io cerco di farmi vedere dal vetro, capitasse arrivare qualcuno, agito la pila del mio portachiavi!
Autista: eccole la sua valigia intanto.
Elvira: a si grazie è proprio questa! Lei è una persona che capisce al volo. Ma come ha fatto a sapere che era questa?
Autista: l’ho caricata nel baule 5 minuti fa, signora, e poi, oltre a quella rossa con i bicchieri, c’è solo questa.
Elvira: posso cambiarmi qui sopra?
Autista: (che sta tornando davanti al pullman) faccia pure.
Elvira: (borbottando tra se) accidenti non si vede proprio nulla. E, che freddo.
Autista:(dopo aver trafficato a lungo dietro, risale con le mani nere di grasso) scusi, signora, mi può passare i fazzolettini che ci sono li nel cassetto.
Elvira: senta io mi chiamo Elvira. Quando qualcuno mi chiama sig.ra mi sento terribilmente vecchia.
Autista : va bene Elvira.
Elvira: ma adesso cosa succede?
Autista: (allungando le mani unte di grasso) Elvira...
Elvira: oooooooh mi scusi, i fazzoletti. Ma come si apre questo cassettino?
Autista: deve schiacciare il pulsante nero, dopodichè si apre
Elvira: ma sono proprio sporche! Ecco le salviette. Ma sa che a me attirano le persone con delle mani grandi come le sue. Pensi che, quando andavo al bar Sport, di Moncalieri, stavo delle ore a guardare le mani degli uomini. Mi piacevano molto quelle dei muratori, ma anche quelle degli idraulici mi affascinavano. E poi c’era un meccanico... non era bello, ma aveva delle mani bellissime! Io una notte ho sognato che andavo a sposarmi e la mia macchina si è fermata. Ero sola, ad un certo punto è arrivato lui. Bellissimo!!!! Era tutto ben vestito, con il papillon. Non ha detto nulla, mi ha guardata negli occhi senza sorridere. Io tremavo come una foglia! Si è chinato sotto la mia panda ed è uscito tutto nero di grasso. Si è pulito le mani sul mio vestito da sposa bianco e poi mi ha portata via con la sua moto. Me lo ricorderò per sempre questo sogno. Che sogno! Oooooooh ma mi scusi, io la sto annoiando.
Autista: no anzi, lei è una persona simpatica ed allegra. In questo momento mi sarebbero già saltati i nervi se non ci fosse stata lei che mi ha un poco distratto (intanto ha già tentato più volte di telefonare, e continua a rimaneggiare il telefonino).
Elvira: grazie, ma possiamo darci del tu? Sa, sentirmi dare del lei mi mette sempre un poco a disagio.
Autista: certo Elvira. Io sono Fausto (intanto che sta mandando SMS con il suo telefonino).
Elvira: come fai a sapere che io mi chiamo Elvira?
Fausto: ho visto che hai scritto il tuo nome e il numero di telefono sul sedile.
Elvira: oooh scusami! A volte quando mi annoio e non posso parlare, scrivo. L’ho scritto inavvertitamente sai. Non mi ricordavo neanche di averlo scritto. Lo cancello subito! (tirando fuori dalla borsetta un pennarello si avvia verso il sedile)
Fausto: no, aspetta, ho del detergente qui, faccio io.
Elvira: a si forse è meglio non lasciare traccia, in effetti poi qualche mal intenzionato potrebbe molestarmi al telefono. Grazie e scusa ancora Fausto.
Si, il tuo nome l’avevo già sentito prima, quando telefonavi. Non conosco nessuno che si chiama Fausto. Non è un nome molto comune. Quando incontro delle persone con dei nomi particolari, spesso ho constatato che anche il loro carattere ed il loro modo di essere è particolare. Se ad esempio tu ti fossi chiamato Paolo, io sono convinta che saresti stato come la maggioranza delle persone che si chiama Paolo. Io conosco tre Paolo e sono tutti e tre uguali!
Autista: anche il tuo nome non è molto comune.
Elvira: e si era quello di mia nonna. Mio padre ha voluto chiamarmi come lei e quando ero ragazzina non mi piaceva per niente. E pensi che, quando ho conosciuto mio marito, anzi il mio ex-marito, gli avevo detto che mi chiamavo Daniela. Lui c’è rimasto male, quando ha saputo che mi chiamavo Elvira. A me non piaceva e mi sembrava un nome da vecchia. Forse perchè mia nonna era vecchia. Ma quando poi è morta ci sono rimasta molto male. Ogni volta che andavo al cimitero e vedevo Elvira scritto sulla lapide, scoppiavo in lacrime. Non so neppure se è perchè mi mancasse mia nonna o perchè mi immaginavo di essere io dentro quel loculo (intanto commossa, si asciuga le lacrime con le mani).
Fausto: (porgendogli dei fazzoletti umidificati) oh suvvia Elvira adesso non rattristarti, in fondo sei una persona così allegra.
Elvira: si in effetti è così per fortuna. Allora ero molto giù di morale. E’ stato un brutto periodo. Mi ero appena separata ed era morta mia nonna, che nonostante fosse vecchia è stata l’unica a capirmi, nei momenti più difficili della mia vita. Infatti da allora ho deciso di rinascere. E sono rinata con il mio vero nome: Elvira. Da allora addirittura scrivevo il mio nome sui muri, sugli alberi o dove capitava.
Fausto: sta arrivando qualcuno. (Un gruppetto, di persone chiacchieravano animatamente e si stavano avvicinando. Ad un certo punto si vede il fascio di luce della pila puntato sul pullman) Ecco che stanno tornando dal bar.
Elvira: avrei bisogno anch’io di un caffé.
Intanto il gruppo, ormai si apprestava a salire, una voce dal gruppo tuonava: “caffé ? Magari!!! Il bar è chiuso e non c’è anima viva in giro”. Poi alcuni passeggeri chiedevano notizie all’autista.
Fausto: CORTO CIRCUITO.
Elvira: corto circuito?
Fausto: si c’è stato un CORTO CIRCUITO nel vano motore.
Il gruppo di persone si informa per avere notizie in merito alla risoluzione del problema.
Elvira: ma potevamo rimanerci secchi allora?
Fausto: no! Non c’è mica la corrente a 380 Volt sul pullman. Inoltre il motore è diesel!
(alcuni passeggeri parlano fra loro altri chiedono all’autista se ha un idea sui tempi necessari per riprendere il viaggio)
Elvira: (intanto guardando rivolta al gruppo passeggeri ) io sono Elvira.
Fausto: (borbottando tra se e rimaneggiando il telefono) ...sono già le 22.00 e non riesco ne a contattare il titolare ne ad avere notizie su eventuali interventi.
Intanto un uomo di mezza età propone di recarsi tutti al Ballalinda. Hanno visto un manifesto che ne pubblicizzava la serata a tema con lezioni di tango argentino.
Elvira: che bello a me piace da matti ballare! Ma siccome domani ho questo matrimonio, per non disturbare la mia amica sono venuta la sera prima senza dirgli nulla. Ho preferito prenotare un camera qui all’Hotel, almeno domani mattina sono a mio agio e comoda per l’appuntamento. Adesso però vorrei almeno portare i vestiti in camera ed appenderli nell’armadio per bene. Fausto, mi potresti accompagnare?
Fausto: mi dispiace, ma non posso proprio. Devo rimanere vicino al pullman, non si chiude neppure bene la porta e poi è qui in mezzo alla strada.
Intanto gli altri passeggeri, si offrono ad aiutare ed accompagnare Elvira.
Elvira: grazie. Ora mi sono messa delle scarpe più comode, ma ho due valigie e poi è buissimo. Chissà dov’e quest’ Hotel Giardino dei tigli?
Tra i passeggeri, alcuni confermano, che si trova a duecento metri circa. Così Elvira si incammina accompagnata da alcuni volontari.
Sono le 23.00 alcuni passeggeri cominciano a lamentarsi per il freddo e per il disagio di non poter proseguire. Qualcuno telefona ma nessuno sembra troppo preoccupato o particolarmente arrabbiato.
Passa un auto, rallenta e si ferma. Torna indietro e chiede se si ha bisogno di aiuto.
Fausto: buona sera. Il pullman ha avuto un corto circuito e penso non sia cosa da poco. Per caso conosce qualcuno che abbia un posto o un mezzo per toglierlo dalla strada?
Automobilista: posso chiedere a Gastaldi Gian Mario, abita un poco più avanti ed ha l’officina con un grosso cortile.
Fausto: se mi da il numero di telefono, gli telefono direttamente.
Automobilista: mi dispiace, non ho il suo numero di telefono, ma posso passare di persona. Intanto devo andare a Fossano e passo proprio li davanti.
Fausto: la ringrazio, molto gentile. Le lascio la mia carta da visita con il numero di cellulare, piuttosto mi faccia dare uno squillo.
Automobilista: d’accordo. Arrivederci.
Fausto: grazie ancora e arrivederci.
Passa il tempo, sono le 23.30, Elvira e gli accompagnatori non sono ancora tornati. Arriva un grosso fuoristrada e si ferma con le luci di emergenza davanti al pullman. Scende un signore, in tuta da ginnastica con un paio di grossi scarponi slacciati ai piedi.
Meccanico: buongiorno sono Gian Mario Gastaldi, mi hanno detto che è rimasto bloccato.
Fausto: si c’e stato un corto circuito nell’impianto che passa accanto al radiatore davanti.
Meccanico: mi faccia un po vedere. Accipicchia si sono cotti tutti i fili!
Fausto: non mi è mai capitato che si sia bloccato in questo modo! Pensi se mi capitava in una galleria!
Meccanico: qui il problema è spostarlo. Questo se non si accende il quadro non si sterza neppure di un centimetro. Ha l’idroguida.
Fausto: non possiamo mica lasciarlo qui e poi non si chiude neppure lo sportello.
Meccanico: cerco almeno di fargli un by-pass dalla batteria all’impianto di emergenza. Ma solo per rimorchiarlo fino nel mio cortile.
Intanto si sente arrivare qualcuno, sghignazzando. E’ Elvira con i tre accompagnatori che stanno tornando dall’Hotel giardino dei tigli.
Elvira: ci sono novità?
Fausto: forse riusciamo a rimorchiarlo da un meccanico qui vicino.
Meccanico: provi un poco ad accendere il quadro.
Si accendono le luci di emergenza e si sentono rumori di aria che soffia. Poi si accendono le luci anabbaglianti.
Meccanico: spenga le luci, lasci solo le quattro frecce. Altrimenti si scarica subito la batteria. Adesso lo traino con il mio fuoristrada. Aspetti che collego la barra di traino.
Fausto: ma dove mi traina?
Meccanico: (procedendo a collegare la barra trainante sotto il pullman dalla parte anteriore) dove vuole che la traini, a quest’ora? Se riusciamo ad arrivare nel mio cortile siamo superfortunati.
Fausto: ma il pullman non è mio e dovrei avere almeno il consenso del titolare.
Meccanico: guardi, non ci sono alternative. O lo lascia qui in mezzo alla strada o lo portiamo nel mio cortile.
Fausto: aspetti un attimo che provo ancora una volta a telefonare al titolare (intanto si appoggia il cellulare all’orecchio), se poi c’è una spesa esagerata, quello se la prende con me.
Meccanico: per l’eventuale riparazione se ne parla domani. Se vuole io gli faccio un preventivo e poi decide con tutta serenità.
Fausto: non risponde. Lo sapevo
Meccanico: allora cosa facciamo?
Fausto: andiamo.
Meccanico: dovrebbe riuscire a sterzare abbastanza, se non si scarica la batteria. Provi un poco il clacson? (Fausto aziona il clacson ed esce un “pobi pobi pobi pop“). Perfetto se avesse difficoltà mi suoni il clacson allora. Voi (rivolto ai passeggeri a terra) salite su. (Qualcuno borbotta qualcosa all’autista, che pero scende e si avvicina al meccanico).
Fausto: mi scusi, ma poi che ci facciamo tutti nel suo cortile?
Meccanico: vi posso prestare una macchina. Ho una Zaffira da 7 posti.
Fausto: lei è troppo gentile, ma poi come ci aggiustiamo?
Meccanico: non si preoccupi! Intanto vi spostate e poi domani si vedrà. Conosco il titolare della sua ditta e vedrà che non ci sono problemi.
Fausto: va bene, grazie, allora andiamo, ma mi raccomando vada piano.
Meccanico: di certo. Andiamo dritti fino alla rotonda e la giriamo indietro, ma mi raccomando la curva alla rotonda la prenda il più largo possibile.
Fausto: d’accordo. (si avvia verso il pullman e appena sopra tutti cominciano a chiedere, cosa sta facendo, dove andiamo...) State seduti, il meccanico ci rimorchia fino alla sua officina, poi ha detto che ci impresta un auto.
Trainato dal grosso fuoristrada, dopo un lungo e lento giro della rotonda il pullman torna indietro e pian piano ritorna verso Fossano. Ormai è mezzanotte è un quarto. Arrivati nel grande cortile di Gian Mario Gastaldi tutti scendono con in mano una borsa o uno zaino. Nonostante il disagio non sembrano preoccupati. Elvira continua a chiacchierare divertita. Fausto scende per ultimo portandosi dietro anche i documenti del pullman.
Meccanico: prendete pure questa ( ed aprendo lo sportello della macchina ) le chiavi sono dentro. Ci vediamo domani mattina.
Fausto: qualcuno vuole guidare?
Elvira: per carità io sono capace a guidare solo la panda.
(il gruppetto lo guada un poco incuriosito dicendo: “ma, l’autista è lei”)
Fausto: non per fare il puntiglioso ma io non voglio poi grane. L’auto a sette posti e noi siamo in dieci!
Meccanico: a quest’ora non c’è nessuno. Basta che vi stringiate un poco e ci state tutti.
Elvira: sale davanti.
Meccanico: davanti potete stare anche in tre.
Fausto: (mettendosi al volante) va, dai salite che fra poco arriva l’alba. (rivolgendosi al meccanico) Grazie ancora e a domani.
Tutti si pigiano nell’auto e poi le portiere si chiudono, le luci interne si spengono e lentamente.
Elvira: certo che è stato proprio gentile questo meccanico. Che mani sicure aveva! (accorgendosi che Fausto la guardava serio però cambia subito discorso) certo che si è fidato a lasciarci la macchina.
Fausto: lui ha il pullman in pegno.
Elvira: ma dove andiamo adesso?
Fausto: ditemi voi?
Elvira: parlando con i tre ragazzi che mi hanno accompagnata all’Hotel, si pensava di andare al Ballalinda.
Fausto: Ballalinda? E cos’è.
Elvira: è una discoteca! E stassera c’è la serata di tango! Me l’hanno detto loro che han visto il manifesto.
Fausto: ma scherziamo (intanto l’auto si muove lentamente con i fari puntati, in direzione del Santuario di Cussanio), io sono stanco morto, inoltre con questa divisa!
Il gruppo dietro incita allegramente Fausto e cerca di convincerlo.
Elvira: dai, per favore, stiamo solo un poco. Vediamo come butta.
Fausto: ma non se ne parla nemmeno. Sono tutto sudato ed appiccicoso. L’unica cosa che potreste convincermi a fare è una bella doccia.
Elvira: detto fatto. L’hai detto, girà li, c’è l’Hotel, ti fai una bella doccia e se vuoi ti posso prestare un maglione unisex .
Fausto: ma voi siete matti. Non diciamo fesserie. Se volete vi porto. (intanto l’auto si è fermata proprio davanti all’Hotel).
Elvira: si ci porti e ci molli li come dei pacchi?
Fausto: piuttosto vi aspetto in macchina.
Elvira: dai (scendendo dalla macchina e passando dalla parte del guidatore) scendi e vieni a farti questa doccia. Non fare storie. L’hai detto tu che l’avresti fatta.
Fausto: (intanto che Elvira lo trascina fuori e gli altri lo incitano: dai Fausto, Fausto, Fausto) ma datemi un pizzicotto, non è possibile questo è un sogno (intanto sorride).
Elvira: (lo prende a braccetto ed insieme entrano nell’ingresso dell’Hotel) buonasera, sono ancora qui, accompagno solo il mio amico in camera un attimo per una doccia.
Il portiere: ma prego si accomodi. Le servono degli asciugamani?
Elvira: si grazie, magari me ne dia un paio. Uno grande e uno medio.
Il portiere: ecco a lei sig.ra.

.....per ora è tutto! ci vediamo Domenica 27 maggio 2007
Ciao
Flavio MARABOTTO

Informazioni sul tipo di pullman


(eccovi una piccola foto con tutte le caratteristiche del pullma)

Foto del pullman: Marchio Volvo /Modello BM10 / Anno 1988 /Chilometraggio 650000 Km /Posti da sedere 57
Il frontale nella parte inferiore incorpora la griglia centrale per il radiatore e ai suoi lati sono ospitati i fari, a filo carrozzeria e di forma rettangolare , divisi in due parti: in alto gli indicatori di direzione e le luci principali e nella parte inferiore le luci ausiliarie (fendinebbia). Il parabrezza si estende molto verso il basso assieme alla carrozzeria e alleggerisce fortemente la linea della carrozzeria nella parte frontale del mezzo.Le bagagliere hanno un elevato volume di carico nella zona posteriore dell’autobus e sopra il motore che, ricordiamo, sui B10 M era in posizione orizzontale nella zona centrale. L’apertura degli sportelli a pantografo, sui primissimi esemplari avveniva a distanza, direttamente dal cruscotto, premendo dei pulsanti vicino al volante. L’apertura a pantografo, fino ad allora semi sconosciuta, si è dimostrata un grosso vantaggio per il carico e lo scarico dei bagagli in spazi ristretti. La capacità complessiva delle bagagliere, posteriore e centrale, è di 10,30 m³.Anche all’interno si è pensato al “Gran Turismo” per ottenere la massima funzionalità da tali autobus. I sedili in velluto, appositamente studiati e realizzati per la gamma “Italia ‘99” sono caratterizzati da pannelli imbottiti trasversali e sagomati in modo da offrire una comoda seduta al passeggero, dotati di un cuscino appoggiatesta di dimensioni inferiori rispetto al corpo della poltrona e su ciascun retroschienale in materiale plastico. Sono inoltre presenti un posacenere affiancato da una maniglia e una retina portariviste. Le cappelliere, come sui concorrenti Modenesi, sono di ispirazione aeronautica con l’elemento di
chiusura che funge anche da piano di appoggio. Per quanto riguarda l’illuminazione dell’abitacolo, sul soffitto le luci azzurrate notturne integrate in oltre una decina di passanti sono poste al centro del corridoio (simili a sostegni) correndo da una parte all’altra dei montanti posti tra le cappelliere, mentre le luci bianche al neon sono nascoste ai lati del corridoio, sopra i bordi delle cappelliere. Le dotazioni personali presenti in ogni biposto, e collocate sopra il sedile sul lato finestrino, dispongono di due luci individuali e di due bocchette dell’aria condizionata. Il posto di guida offre una plancia ben studiata e abbastanza avvolgente. Sulla sinistra è presente il freno di stazionamento e il pannello con tutte le spie di controllo. Sotto al pannello spie, sono presenti i due pulsanti di comando per le porte passeggeri. Accanto ad esso, il pulsante del dispositivo di sicurezza che anche nel caso in cui venisse sbadatamente sbloccato il freno di stazionamento mantiene il veicolo fermo. Sempre a sinistra, ci sono, oltre alla manopola per l’accensione delle luci, i pulsanti di messa in moto e quello di spegnimento del veicolo e nella parte inferiore, alla base del cruscotto, i pulsanti per l’apertura e chiusura delle botole di aerazione e la gestione dell’impianto di condizionamento e riscaldamento elettronico della Thermobus. Al centro del cruscotto, quattro manometri di piccole dimensioni affiancati al contagiri. A fianco del contagiri è presente il cronotachigrafo e alla sua destra quattro manometri liberi. Alla destra del piantone di guida, la leva per l’azionamento del rallentatore a quattro posizioni e sotto ad esso il pulsante per il dispositivo di sollevamento ed abbassamento delle sospensioni, il pulsante, dotato di una copertura-sicura di colore rosso, da utilizzare in caso di emergenza per lo spegnimento del motore e degli impianti elettrici che provvede a lasciare in funzione solo le luci di emergenza. Sotto al cruscotto, seminascosto, l’attacca/stacca batterie. All’estrema destra del cruscotto sono presenti tutti i principali pulsanti per la gestione dell’abitacolo e dei sistemi di intrattenimento di bordo. L’impianto audio è posizionato tra il posto guida e il frigorifero (con una capacità di 30 litri) posto di fronte al posto hostess. Il sedile di guida, dotato di supporto meccanico, dispone di numerose regolazioni per cuscino e schienale ed è inoltre dotato di appoggiatesta e due braccioli ripiegabili. L’autista dispone inoltre di un accesso separato, costituito da una porta scorrevole manualmente verso l’avanti e di due scalini per la salita di cui il primo incassato, non molto gradevole alla vista, all’esterno.L’Italia ’99 è realizzato sull’autotelaio Volvo B10 M con motore turbo diesel centrale in posizione orizzontale a 6 cilindri ed eroga una potenza di 270 CV. La frizione è monodisco a secco e il cambio meccanico della ZF modello “S6/80 + GV38” è un 6 marce più retro con moltiplicatore che porta così fino a 12 i rapporti disponibili in avanti e due retromarce. Le sospensioni sono di tipo pneumatico con ammortizzatori e barre stabilizzatrici, l’impianto frenante è integrato dal rallentatore elettro-magnetico Tema e lo sterzo è previsto di servocomando idraulico.
CURIOSITA': Il prototipo dell'Italia '99 realizzato nel 1983 non ottenne il successo sperato rischiando di essere soppresso visti gli esigui numeri dei veicoli prodotti. Nel 1987 i fratelli Barbi accolsero volentieri la proposta di Volvo BM Italia e venne realizzato un nuovo capannone per la produzione di tali veicoli oltre che all'assunzione di nuove maestranze da parte della carrozzeria di Mirandola, al momento della sospensione della produzione del veicolo con telaio B10 M, il numero degli "Italia '99" realizzati da Barbi raggiunse quasi le 350 unità.I PRINCIPALI OPTIONAL: ABS, distributore bevande calde, impianto TV con monitor anteriore e videoregistratore, toilette con lavabo e WC, sedili allargabili, divano-salotto posteriore, tavolo da gioco.
DIMENSIONI DEL VEICOLO
Versione: HD
Lunghezza:12.000 mm
Larghezza:2.500 mm
Altezza totale (da terra):3.760 mm
Passo:6.000 mm
Peso totale:17.349 kg
Posti:55+1+1

Cussanio Frazione di FOSSANO (CN)

(Introduzione al dialogo tra Elvira e l'autista del Pullman)
Venerdì 17 novembre 2006 Ore 21.00
Il pullman, con una decina di persone a bordo, stava procedendo da Fossano verso la frazione Cussanio. La storia di Cussanio è strettamente legata all’apparizione della Madonna e al Santuario detto della appunto della "Madonna della Divina Provvidenza". Prima, la zona era disabitata, destinata a pascolo o malsana, a causa dell’acqua che ristagnava sul terreno.
Tutto iniziò, quindi, con l’apparizione della Vergine Maria al pastore sordomuto Bartolomeo Coppa l’otto e l’undici maggio 1521, donandogli parola, udito e saziandolo con tre pani e mandandolo ai fossanesi per invitarli a penitenza. Poco dopo, scoppiò una pestilenza, allora i fossanesi accorsero sul luogo e fecero voto di costruire una chiesa non appena fosse scongiurato il contagio. Fu eletta una cappella poi sostituita da una chiesa più ampia, all’arrivo a Cussanio, nel 1.600, dei padri Agostiniani della Congregazione di Genova; gli stessi frati costruirono anche il grandioso complesso del convento di fianco al Santuario.
Nell’età napoleonica il convento e la chiesa furono abbandonati. Nel 1872 il vescovo Emiliano Manacorda, giunto presso la Diocesi, rivendicò la proprietà del convento confiscato dal demanio statale e decise la completa ristrutturazione del Santuario. I lavori ebbero inizio poco dopo il 1875 e proseguirono per circa vent’anni. L’unica navata venne prolungata, furono edificate due navate laterali e l’interno venne abbellito con altari, sculture e pitture).


Ora il santuario, rimaneva sempre una bella struttura architettonica in mattoni, ma un poco nascosta dai rami dei grandi alberi del lungo viale antistante. Ci sono sempre delle persone devote, che in particolare nei momenti più difficili delle loro vita o talvolta nel mese di maggio, mese mariano, si recavano in pellegrinaggio. Ma un poco meno di un tempo.
Il pullman sta viaggiando da Fossano, verso la prima periferia nord/est. Dopo la rotonda ci lasciamo alla nostra sinistra statua con davanti il pastore Bartolomeo Coppa che riceve i tre pani. Poi nella strada che conduce alla frazione, tutta una nuova zona artigianale, di grigi capannoni prefabbricati semi-bui. Ad un certo punto si vede benissimo, sulla destra, il grande mangimificio tutto blu e bianco, alto come il duomo di Milano e ben illuminato. Appena dopo si attraversa un ramo di un binario laterale che conduce nella zona industriale. Attraversato il binario, il pullman improvvisamente si ferma. Dopo 10 secondi di totale silenzio. Inizia un vocio tra la decina di persone a bordo che fino ad allora non si erano parlati. Intorno tutto è buio. Sono le 21.00 e quella era l’ultima corsa che il pullman faceva in quella zona. Poi sarebbe rientrato al deposito di Fossano.

lunedì 14 maggio 2007




Sabato 12 maggio 2007


Sono andato al salone del libro con mio cognato Ioram. Dopo un attimo di smarrimento per la mega coda, in attesa che le biglietterie aprissero gli sportelli alle 10.00 abbiamo dato un occhiata agli eventi e cercato di orientarci verificando una mappa.
Alla fin fine come a noi succede quasi sempre dalla teoria si passa ad un programma di massima, un poco improvvisato. E cosi alle:
Ore 11:30 Sala Rossa

abbiamo sentito il dibattito ricco di interventi da parte del pubblico con domande interessanti.
Confini. Oriente/Occidente: il caso CindiaFiera del libro Sala Rossa
Intervengono: Renata Pisu e Federico Rampini
Simpatica la Pisu, accademico Rampini. Tutti e due ci hanno aiutato a capire questo nuovo fenomeno: la Cina.
Ore 14:30 Sala Azzurra (siamo arrivati alle 15.00 e ci siamo ascoltati casualmente ):
Lo spazio dei nuovi confini. Lectio magistralis di Daniele Del Giudice
Interessante anche questo, ma ha parlato quasi solo dell'etimologia della parola "confine"
Il nostro obbiettivo era quello di ascoltare Bauman.
Grande Pubblico
Ore 15:30
Confini. Le Vespe di Panama. Una riflessione su centro e periferia. Lectio magistralis di Zygmunt Bauman Laterza e Fiera del libro Sala Azzurra
Molto interessante. Molto accademico. Anche simpatico il vecchio sociologo (Polacco naturalizzato in GranBretagna) ma alla fine di tutto mi veniva quasi da sorridere nel pensare che queste persone passino moltissimo tempo ad esempio: analizzare studi sul comportamento delle "vespe di Panama"! Intanto da ignorante in materia mi chiedo; hanno qualche affinità con l'uomo le vespe di Paname? Non capisco. Bisognerebbe studiarle per una decina d'anni per entrare in discussione sull'argomento.
Alla fin fine risulta molto concreto e incisivo quello che ha fatto e sta facendo la coraggiosa e intelligiente somala Ayaan Hirsi Ali (foto in alto a destra). Abbiamo potuto vederla prima in Radio Tre e poi a Terra Madre intervistata da Giovanna Zucconi. Interessante e ne parla ne "L'infedele" (Rizzoli), storia della sua vita dall’infanzia alla morte di Theo van Gogh, ucciso da un estremista islamico per aver girato un film tratto dal precedente libro dell’autrice (Non sottomessa, Einaudi).


venerdì 11 maggio 2007

Sogno e realtà


Questa notte ho fatto un sogno molto particolare.
Iniziamo però dalla realtà:
ieri sera stavo uscendo con la mia vespa (PX 125 E). Fuori dal garage, dopo molteplici tentativi non risuscivo a metterla in moto. Allora ho deciso di spingerla giù dalla discesa nei pressi di casa mia. Dopo 300 metri di pianura e 500 metri di discesa la mia vespa non si era messa in moto. Quindi ho provato a sostituire la candela. Nulla da fare. Nessun segno di vita. Alla fine mi sono rassegnato a non uscire. Sono ritornato indietro spingendo la vespa per tutta la salita e la pianura. Rinunciato a questo punto ad uscire, me ne sono andato a dormire.
Sogno:
ad un certo punto mi ritrovo a viaggiare in vespa. Sono in maniche corte è quasi mattina ed ho freddo. Stò procedendo verso Fossano. Cosa ci faccio a quest'ora sulla strada di Fossano? Torno indietro stupito, innanzitutto non ricordo come sia io riuscito a mettere in moto la vespa. Non partiva. Ma, sulla strada verso casa vedo, lungo la salita, la mia Saab 900 cabrio a lato strada tutta ammaccata. Ha la capote aperta e alcuni vetri rotti (alcuni vetri in realtà erano in più. Esempio dietro in basso si vedeva un vetro che era tutto rotto ma nella realtà questo vetro non c'è). Mi fermo a guardare stupito intanto vedo mio fratello Alberto anche lui stupito nel vedermi. Con il trattore sta cercando di rimuovere la macchina e trainarla su a casa. C'è anche mia madre che mi dice ma dove sei andato? Neppure io riesco a capire dove sia andato. Secondo la ricostruzione dei mie familiari devo aver fatto il sonnambulo per tutta la notte e mi sono messo a girare prima con la Saab e poi con la vespa. Incredibile, non mi era mai successo. Sono le 07.30 e chissa da quante ore stò girando.
Realtà:
mi sveglio e non riesco a capire se era un sogno o realtà. La vespa non partiva?
Ero quasi li per scendere in garage a vedere la Saab se era tutta ammaccata, ma a quel punto visto l'orologio, erano le 06.00. mi sono tranquillizzato. Era solo un sogno!

giovedì 10 maggio 2007

Luci della sera


Chiarissimi frequentatori del Ballalinda, nonchè cinefili. Ieri sera ho visto un film veramente particolare. Di carattere veramente nordico. Diciamo l'antitesi della commedia italiana. Non so se per gli attori sia stato un sacrificio, ma non si è visto un sorriso per tutto il film.
In ogni caso mi è piaciuto.
Un film di Aki Kaurismäki. Con Janne Hyytiäinen, Maria Heiskanen, Maria Järvenhelmi, Ilkka Koivula. Genere Drammatico, colore, 78 minuti. Produzione Finlandia, Germania, Francia 2006.
Ciao a tutti
Flavio MARABOTTO

lunedì 23 aprile 2007

Prove tecniche di trasmissione blog

Sono MARABOTTO Flavio, un frequentante il COSTRUIAMO UN CORTO CIRCUITO, e sto tentando di inserire dei commenti nel blog.
Vediamo il risultato?